Seguendo le linee del Catechismo della Chiesa Cattolica è possibile comprendere perché se Dio Padre è Sommo Bene non ha potuto usare quella stessa misericordia di cui l’uomo beneficia, quando cade nel peccato, nei riguardi di satana.
L’elemento chiave è rappresentato dalla
volontà, ovvero dalla scelta di riconoscere l’errore e partendo da tale
riconoscimento implorare il perdono divino.
In Lucifero, e così nelle schiere angeliche che
hanno partecipato alla ribellione, ciò che è stato deficitario è il pentimento,
precedente il quale c’è l’accusa della propria mancanza e, successivamente tale
riconoscimento, l’implorazione della celeste misericordia. Satana ha
deliberatamente scelte di resistere alla relazione d’amore con la Trinità ed in
ciò è ravvisabile quello che rappresenta il più grave dei vizi capitali: la
superbia. Da essa, infatti, discendono gli altri sei vizi: avarizia, lussuria,
invidia, gola, ira e accidia, contrapposti ai quali troviamo le tre virtù
teologali (fede, speranza e carità) e le quattro virtù cardinali (prudenza,
giustizia, fortezza e temperanza).
La resistenza al bene, nell’ottica
dell’utilizzo del libero arbitrio verso la scelta di riconoscere il male
commesso, ha un’ulteriore risvolto: genera quello che da Cristo stesso è stato
definito il peccato imperdonabile, cioè la bestemmia contro lo Spirito Santo.
Ci ammonisce il Signore: “In verità io vi
dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le
bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà
perdonato in eterno: è reo di colpa eterna[1]”. Esso è
ravvisabile nel rifiuto di ciò che lo Spirito di Dio rappresenta nella
relazione trinitaria: l’Amore[2]. È per
suo mezzo che gli esseri viventi ricevono il perdono (nel sacramento della confessione)
delle colpe (e attraverso l’indulgenza, plenaria o parziale, la remissione
delle pene). Nel rifiuto del Paraclito v’è insita la bestemmia indirizzata
verso Dio consistente nella superba ammissione che la sua onnipotenza non è
tale da poter andare oltre ogni genere di impurità: “Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi
come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana”, ci
ricorda il profeta Isaia[3]. Dunque,
il perdono di Lucifero era possibile formalmente, ma non sostanzialmente poiché
semplicemente, quanto drammaticamente, lo ha rifiutato dato che se avesse
accolto la grazia avrebbe dovuto ammettere il proprio errore, sottomettersi
alla potenza divina ed umiliarsi sotto la sua potente mano riconoscendosi
creatura bisognosa della grazia dell’Eterno per sussistere e rimanere lontano
dalla morte eterna.
Una simile dinamica la ritroviamo nell’analisi
di due vicende evangeliche. Protagonisti sono Pietro e Giuda. Osservando la specie di trasgressione, il
peccato più grave fu commesso da San Pietro giacché rinnegò Cristo per ben 3
volte[4]! Il
rinnegamento è espressione di un tradimento profondo dal momento che presuppone
la conoscenza della perdona tradita. La dinamica è: conoscere e ignorare. Giuda,
al contrario, se è vero che vendette Gesù per trenta denari[5], è vero
anche che andò a restituirli ai sacerdoti nel Tempio dichiarando espressamente
loro che aveva commesso un tragico errore denunciando sangue innocente, cioè un uomo senza colpa[6]. La
differenza tra i due? Pietro si è lascito amare così come era, peccatore ed
infedele, riconoscendosi tale e affidandosi interamente all’amore
misericordioso del Signore che tutto trasforma e purifica quando l’intenzione
di cambiare vita è sincera e concreta. Giuda non ha creduto nella potenza
redimente dell’amore di Gesù e questo, quando accade, porta alla disperazione e
alla morte, spirituale e fisica.
[1] Mc 3, 28-29
[2] Volendo semplificare
l’interazione tra le Persone della Santissima Trinità è
possibile schematizzare in questo modo la consustanzialità (stessa
sostanza, quanto alla divinità) che la caratterizza:
-
Dio
Padre è L’Amante;
-
Dio
Figlio è L’Amato;
-
Dio
Spirito Santo è L’Amore.
[3] Is 1,18
[4] Mt 26,69-75, Mc 14, 72
[5] Mc 14, 10-11; Matteo 26, 14-16; Lc 22, 1-6
[6] Matteo 27, 3-5
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