IL DEMONIO NON PUÒ NULLA SULLA VOLONTÀ, POCHISSIMO
SULL'INTELLIGENZA, E TUTTO SULLA FANTASIA.

- Joris Karl Huysmans -


E’ CON SATANA CHE LA TRISTEZZA E L’INQUIETUDINE DISPERATA ENTRANO NEL MONDO
- Georges Bernanos -

PREGHIERA DI PAPA LEONE XIII A SAN MICHELE ARCANGELO

San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia contro le malvagità e le insidie del diavolo; sii nostro aiuto. Ti preghiamo supplici: che il Signore lo comandi! E Tu, Principe delle milizie celesti con la potenza che ti viene da Dio, ricaccia nell'inferno satana e gli altri spiriti maligni, che si aggirano per il mondo per perdere le anime. Amen

martedì 19 novembre 2013

6° tappa - Il combattimento spirituale nei Padri del deserto: Sant'Isacco di Ninive

LA LOTTA SPIRITUALE
 
"Sono caduto, ma di nuovo mi rialzo; sono seduto nella tenebra, ma il Signore mi illumina"

GLI STRUMENTI DEL COMBATTIMENTO

C'è un tempo per la tentazione e un tempo per la consolazione. Una parte della lotta perdura fino alla morte: non sperare di qui la liberazione piena da essa.
Teniamo bene nell'intelligenza questo: per tutto il tempo in cui siamo in questo mondo e abitiamo in questo corpo, se anche fossimo innalzati fino alla volta dei cieli, non ci è possibile restare senza fatica e avver­sità, e senza preoccupazione.

Per ogni opera c'è una misura e per ogni pratica è noto un tempo. Chiunque cominci prima del tempo qualcosa che è superiore alla sua misura ne ha doppio danno e nessuna utilità.

La tua reclusione è una stanza nuziale.

Nostro Signore ha posto davanti a te la croce perché tu sentenzi la morte sulla tua anima; e solo allora lascerai la tua anima andare dietro a lui.

Quando le infermità, i bisogni, il tormento del corpo, o la paura che viene dalle sue pene, turba il tuo pensiero allontanandolo dalla gioia della tua speranza e dalla meditazione limpida del Signore nostro, sappi che in te vive il corpo e non Cristo.

Non c'è nulla che avvicini il cuore a Dio quanto la compassione; e non c'è nulla che dia pace al pensiero quanto la povertà volontaria.
Ama i poveri, e grazie a essi troverai misericordia.

Se un'arte visibile agli occhi richiede tanto tempo e fedeltà di impegno, quanto più l'arte dello Spirito, che l'occhio non vede, per la quale non si conosce ciò da cui la si può apprendere, e che necessita di una grande purezza! Il maestro in questo è lo Spirito, e l'arte è nascosta.

Non pensare, o uomo, che tra tutte le fatiche degli asceti vi sia una pratica più grande e più preziosa della fatica della veglia.
L'anima che si affatica nella condotta della veglia diventerà esperta, otterrà occhi di cherubino per la finezza dello sguardo e l'acume.

Il digiuno è la dimora di tutte le virtù, e chi lo disprezza mette a repentaglio tutte le virtù.

E' nel grembo della castità che spuntano le ali dell'Intelletto, per mezzo delle quali esso si leva verso l'amore divino; quell'amore nel quale si osa scrutare l'oscurità.

Dimora nella tua cella, e la cella ti insegnerà ogni cosa.
La solitudine ci rende partecipi della mente divina e, in poco tempo e senza ostacoli, ci avvicina alla limpidità del pensiero.

La quiete è il principio della purificazione dell'anima.
Infatti, ogni volta che si acquieta da tutti i moti dell'udito e della vista, il solitario vede, in modo luminoso, Dio e se stesso, e attinge dall'anima acque limpide e dolci, che sono i soavi pensieri della saldezza.


I. LA LOTTA SPIRITUALE


1. Continuità della lotta

Finché uno non odia di cuore e in verità la causa del peccato, non è liberato dalla dolcezza che esso produce nel cuore; tale dolcezza è la potenza della lotta che si leva contro l'uomo fino al sangue.
Quanto più un uomo entra nella lotta per Dio, tanto più si avvicinerà alla parresia del cuore nella sua preghiera.
La lotta non termina in un attimo, né la grazia viene tutta intera in una volta e abita nell'anima. Ma un pò e un pò; ci sarà l'una e l'altra: c'è un tempo per la tentazione e un tempo per la consolazione. Una parte della lotta perdura fino alla morte: non sperare di qui la liberazione piena da essa.
Questo mondo è la palestra della lotta e lo stadio della corsa; e questo tempo è il tempo del combattimento. E il luogo del combattimento e il tempo della lotta non sono soggetti a una legge. Ciò significa che il re non ha posto un limite ai suoi lavoratori, finché non sia finita la lotta e non siano tutti radunati nel luogo del Re dei re. Lì sarà esaminato colui che ha perseverato nella battaglia e non ha ricevuto sconfitta, e colui che non ha voltato le spalle. Infatti, quante volte è accaduto che un uomo buono a nulla, che a causa della sua mancanza di esercizio era costantemente battuto e gettato a terra, e che era sempre in uno stato di fragilità, abbia afferrato lo stendardo dell'accampamento dei figli dei valorosi, e il suo nome sia diventato famoso più di quello di coloro che erano stati diligenti, di coloro che si erano distinti, degli abili e degli istruiti, e abbia ricevuto la corona e doni più preziosi di quelli dei suoi compagni.
Perciò, nessuno abbandoni la speranza. Solo: non disdegni la preghiera e il chiedere aiuto a nostro Signore.
Teniamo bene nell'intelligenza questo: per tutto il tempo in cui siamo in questo mondo e abitiamo in questo corpo, se anche fossimo innalzati fino alla volta dei cieli, non ci è possibile restare senza fatica e avversità, e senza preoccupazione.

2. Ricominciare
Altro sono gli inciampi e le cadute posti sulla via della virtù e sulla corsa della giustizia, secondo la parola dei padri: "Sulla via della virtù ci sono cadute, mutamenti, violenza, eccetera". Altro è invece la morte dell'anima, la completa distruzione e la desolazione totale.
Ecco come si fa a conoscere che si è nel primo caso: se uno, anche cadendo, non dimentica l'amore del Padre suo; e, pur essendo carico di colpe di ogni genere, la sua sollecitudine per la sua opera bella non è interrotta; se non smette la sua corsa; se non è negligente nell'affrontare di nuovo la battaglia contro le stesse cose dalle quali è stato sconfitto; se non si stanca di ricominciare, ogni giorno, a costruite le fondamenta della rovina del suo edificio, avendo sulla sua bocca la parola del Profeta: Fino all'ora del mio passaggio da questo mondo, non rallegrarti di me, o mio nemico! Perché sono caduto, ma di nuovo mi rialzo; sono seduto nella tenebra, ma il Signore mi illumina ".
Così non cesserà di combattere fino alla morte; non si darà per vinto finché ci sarà respiro nelle sue narici; e anche se la sua nave naufragasse ogni giorno e i risultati ottenuti dal suo commercio finissero nell'abisso, non cesserà di prendere a prestito e caricare altre navi e navigare con speranza. Finché il Signore, vedendo la sua sollecitudine, avrà pietà della sua rovina, rivolgerà a lui le sue misericordie e gli darà incitamenti potenti per sopportare e affrontare i dardi infuocati del male.
Questa è la sapienza che viene da Dio, e chi è malato di questo è sapiente.

3. Convertire le fatiche

Nella notte in cui sudò, il Signore nostro ha trasformato il sudore della fatica su di una terra che fa crescere spine e cardi in sudore che si mescola alla preghiera.
Il vento feconda i frutti della terra e lo Spirito di Dio i frutti dell'anima. L'ostrica nella quale la perla è plasmata riceve dall'aria il suo riempimento, come dice il nome; fino a quel momento è invece carne spoglia. Così avviene per il cuore del monaco: finché non riceve il suo riempimento celeste, per mezzo del discernimento, la sua pratica è ancora spoglia; e in lui, nella sua ostrica, non c'è consolazione.
I frutti degli alberi sono aspri e sgradevoli al gusto e non sono buoni da mangiare, finché non penetra in essi la dolcezza che viene dal sole. Così le vecchie fatiche della conversione sono amare e molto sgradevoli, e non danno consolazione al solitario, finché non penetra in esse la dolcezza della contemplazione che rimuove il cuore dalle realtà terrene e il solitario non dimentica se stesso.
Le pratiche del corpo senza le bellezze del pensiero sono un grembo sterile e mammelle asciutte; non avvicinano alla conoscenza di Dio. Alcuni hanno il corpo affaticato, ma non si curano di sradicare le passioni dal loro pensiero: neppure essi raccoglieranno; non raccoglieranno proprio nulla!
Come un uomo che semina tra le spine e non può raccogliere, così è colui che rovina la propria intelligenza con la preoccupazione, l'ira e il desiderio di ammassare ricchezze e intanto geme sul suo letto per le molte veglie e astinenze.
Per ogni opera c'è una misura e per ogni pratica è noto un tempo. Chiunque cominci prima del tempo qualcosa che è superiore alla sua misura ne ha doppio danno e nessuna utilità.
Nulla è simile alle fatiche misurate, quando sono accompagnate dalla fedeltà. La loro mancanza provoca un eccesso di desiderio, mentre il loro eccesso dà luogo alla confusione.

4. Discernere l'ambiguo
C'è una fiducia in Dio che è accompagnata dalla fede del cuore e che è bella e deriva dal discernimento della conoscenza; e ce n'è un'altra che è insipida e deriva dalla stoltezza: questa seconda fiducia è fallace.
Il coraggio del cuore e il fatto che uno disprezzi tutti i pericoli, procedono da una di queste due cause: o dalla durezza del cuore, o da una grande fede in Dio. All'una è congiunto l'orgoglio, all'altra invece l'umiltà di cuore.
Il silenzio continuo e la custodia della quiete perseverano nell'uomo per una di queste tre cause: o in vista della gloria degli uomini, o a motivo dell'ardore infuocato per la virtù, o perché si ha nell'intimo una qualche consuetudine con Dio che attira a sé il pensiero. Chi non possiede queste ultime due cause, quasi necessariamente si ammala della prima.
Una condotta che non ha occhi è vana; perché, a causa della sua distrazione, conduce facilmente al disgusto. Prega il Signore nostro perché procuri occhi alla tua condotta; di qui comincia a sgorgare per te la gioia. Allora le tribolazioni saranno per te dolci come un favo. Di qui troverai che la tua reclusione è una stanza nuziale.
La vigilanza del discernimento è migliore di qualsiasi atteggiamento che si possa assumere davanti alle varie situazioni degli uomini.
È meglio l'aiuto che viene dalla vigilanza, dell'aiuto che viene dalle opere.
La vigilanza aiuta l'uomo più delle opere. L'ozio danneggia solo i giovani, la rilassatezza, invece, anche i perfetti e gli anziani.
II. GLI STRUMENTI DELLA LOTTA
1. Il rinnegamento
DISCEPOLO: Cosa faremo al corpo che, quando è attorniato dalle disgrazie, a causa di esse viene meno alla volontà di desiderare i beni e la saldezza di un tempo?
MAESTRO: Questo avviene per lo più a coloro che in parte sono usciti dietro a Dio, ma in parte sono rimasti nel mondo. Cioè il loro cuore non è ancora capace di staccarsi da qui, ma sono divisi in se stessi, poiché una volta guardano dietro di sé e una volta guardano davanti. Ritengo che il sapiente ammonisca costoro, che si accostano alla via di Dio in una tale divisione, quando dice: "Non accostarti ad essa con due cuo­ri; ma avvicinati ad essa come chi semina e come chi miete". E ancora nostro Signore, a coloro che vogliono rendere perfetto questo esodo, vedendo che tra di loro vi sono alcuni uomini come questi la cui volontà è pronta ma i cui pensieri sono ancora attratti indietro dalla paura delle tribolazioni, causata dall'amore del corpo che non hanno ancora deposto da se stessi, per togliere da loro la fiacchezza del pensiero, dice: "Chi vuol venire dietro a me, prima rinneghi se stesso".
Qual è il rinnegamento qui ricordato? E' il rinnegamento che avviene nel corpo, a immagine di colui che, preparandosi a salire sulla croce, prende nei suoi pensieri l'intelligenza della morte e allora esce come uno che pensa di non avere più una parte in questa vita. Questo significa: Prenda la sua croce e venga dietro a me. Chiama croce la volontà pronta a ogni tribolazione. E spiegando perché sia così, dice: "Chi vuole che la sua anima viva in questo mondo, la fa perire alla vita vera; ma chi fa perire se stesso a causa mia qui, si ritroverà di là". Cioè, chi dirige i suoi passi sulla via della crocifissione, ma poi è ancora sollecito per questa vita del corpo, fa decadere la sua anima dalla speranza per la quale era uscito a patire.
Nostro Signore ha posto davanti a te la croce perché tu sentenzi la morte sulla tua anima; e solo allora lascerai la tua anima andare dietro a lui.
Non c'è nulla che sia potente come l'essere senza speranza in se stessi; questo non può essere sconfitto né da qualcosa di favorevole né da qualcosa di sfavorevole. Quando un uomo, nel suo pensiero, ha abbandonato la speranza che viene dalla sua vita, nessuno potrà essere più coraggioso di lui, e nessun nemico potrà attaccarlo, e non c'è afflizione il cui sentore potrà fiaccare la sua intelligenza. Perché ogni afflizione esistente è inferiore alla morte, e lui ha lasciato che la morte venisse su se stesso.
Non c'è nessuno che ami qualcosa e non cerchi di moltiplicarne gli effetti. Non c'è nessuno che cerchi di occuparsi delle cose divine se non si è allontanato e non ha disprezzato quelle temporali, facendosi straniero all'onore del mondo e alle sue dolcezze, e stringendosi all'obbrobrio della croce, bevendo ogni giorno aceto e amarezze a motivo di passioni e uomini e demoni e miseria.

2. La rinuncia
Abbandona le cose di poco valore per trovare quelle preziose. Sii morto nella vita e così non vivrai nella morte. Fa' che la tua anima muoia nella sollecitudine, e non che viva nella condanna.
Non sono martiri solo coloro che a causa della fede in Cristo accolgono la morte, ma anche coloro che muoiono per custodire i suoi comandamenti.
A ogni parola dura che l'uomo sopporta con discernimento, eccetto il caso che sia lui la causa dell'offesa, egli riceve sulla sua testa una corona di spine a motivo di Cristo; e sarà beato e anch'egli sarà incoronato in un tempo che non conosce.
Colui che fugge la gloria, coscientemente, sperimenta in se stesso la speranza del mondo futuro.
Colui che ha professato l'allontanamento dal mondo e poi litiga con gli uomini a motivo delle cose, per non essere impedito nel fare ciò che gli piace, è completamente cieco. Infatti, ha abbandonato l'intero mondo volontariamente, e ora litiga per una parte di esso.
Colui che fugge gli agi di quaggiù, ha il pensiero fisso al mondo futuro.
 
Colui che possiede beni è schiavo delle passioni; e non considerare beni solo l'oro e l'argento, ma tutto ciò che tu possiedi con il desiderio della tua volontà.
Se hai abbandonato l'intera realtà del mondo, volontariamente, non contendere con nessuno per piccole parti di esso.
L'albero, finché non fa cadere le vecchie foglie, non fa spuntare i nuovi rami; così il solitario, finché non scrolla dal suo cuore i suoi vecchi ricordi, non fa spuntare i nuovi rami per mezzo di Gesù Cristo.
3. Un desiderio più grande
DISCEPOLO: Come può l'uomo uscire completamente dal mondo?
MAESTRO: Per mezzo del desiderio suscitato dalla memoria dei beni futuri, quelli che la divina Scrittura semina nel suo cuore con la dolcezza dei suoi versetti colmi di speranza. Infatti, il pensiero non può disprezzare il suo amore di prima, finché un desiderio più eccellente non si contrappone a quelle cose che sono ritenute gloriose e piacevoli, dalle quali l'uomo è posseduto.
Ciò che ogni uomo desidera lo si conosce dalle sue opere; egli sarà sollecito a chiedere nella preghiera ciò che gli sta a cuore; e ciò per cui prega, avrà cura di manifestarlo anche nelle opere palesi.
Chi desidera intensamente le cose grandi, non si preoccupa di quelle piccole.
Quando in te l'amore per Cristo non è forte al punto da renderti, per la gioia in lui, impassibile a tutte le afflizioni, sappi che in te il mondo vive più di Cristo. Quando le infermità, i bisogni, il tormento del corpo, o la paura che viene dalle sue pene, turba il tuo pensiero allontanandolo dalla gioia della tua speranza e dalla meditazione limpida del Signore nostro, sappi che in te vive il corpo e non Cristo. In te vive ciò il cui amore ha su di te più potere.
4. La povertà
Ama la povertà con perseveranza, perché il tuo pensiero sia raccolto dalla dispersione. Odia la sovrabbondanza, per essere preservato dalla confusione dell'intelligenza. Taglia corto con le molte cose e prenditi cura delle tue condotte, perché la tua anima eviti di dissipare la quiete interiore.
Se possiedi qualcosa in più rispetto al nutrimento quotidiano, vai dallo ai poveri; poi vieni, presenta la preghiera con parresia, cioè parla con Dio come un figlio fa con suo padre.
Non c'è nulla che avvicini il cuore a Dio quanto la compassione; e non c'è nulla che dia pace al pensiero quanto la povertà volontaria.
Come non è possibile che la salute e la malattia siano in uno stesso corpo, senza che una di esse sia eliminata dall'altra, così non è possibile che il denaro e l'amore siano in una stessa casa, senza che uno di essi distrugga l'altro.

Finché un uomo si trova nella povertà, l'esodo dalla vita si leva continuamente nel suo pensiero; è in ogni istante medita sulla vita che seguirà la resurrezione, e in ogni momento si industria nella preparazione di ciò che è utile per l'aldilà.
Ma quando accade che, per una qualche causa, una delle cose transitorie cade in mano sua ed egli l'acquista per opera di colui che è sapiente in ogni cosa malvagia, immediatamente l'amore del corpo inizia a muoversi nella sua anima, egli pensa di avere una vita lunga davanti a sé, e i pensieri relativi al riposo del corpo fioriscono in lui in ogni momento. Egli trattiene il suo corpo, se possibile, perché non sia vessato da nulla, e si industria in tutte quelle cose che possono dare riposo al corpo. Ma così si priva di quella libertà che non asservisce ad alcun pensiero di timore; e quindi medita e riflette su tutti quei moti che producono la paura e che sono cause di timore, perché egli è ormai privato del coraggio del cuore, coraggio che aveva quando, grazie alla povertà, si era levato al di sopra del mondo.
Ama i poveri, e grazie a essi troverai misericordia.
5. La memoria degli inizi
Quando tu sperimenti la sconfitta, la fragilità, la mancanza di entusiasmo, e ti ritrovi legato e incatenato dal tuo avversario in una terribile miseria e nello spossamento che la pratica del peccato produce, rievoca al tuo cuore l'ardore dei primi tempi, quando mostravi sollecitudine anche per le piccole cose, eri mosso da zelo contro ciò che impediva il tuo cammino, esprimevi dolore per piccolissime cose da te trascurate senza tua colpa e cingevi intera la corona della vittoria, a motivo di tutto ciò.
Allora, per mezzo di tali ricordi e di altri simili, la tua anima si sveglierà come dal sonno, si rivestirà di ardente zelo e si leverà dal suo torpore, come dalla morte. Si raddrizzerà e farà ritorno al suo posto di prima, all'acceso combattimento contro Satana e contro il peccato.
Tu, uomo che sei uscito dietro a Dio, in ogni tempo della tua lotta, ricordati sempre dell'inizio, di quel primo ardore che fu al principio del cammino, di quel pensiero infuocato nel quale sei uscito dalla tua dimora di un tempo e nel quale la tua anima è andata a schierarsi in battaglia. Esamina te stesso ogni giorno, perché non si smorzi il calore della tua anima fino a perdere quell'ardore di cui eri acceso; che tu non venga a mancare di nulla dell'armatura di cui eri cinto al principio della tua lotta.
Un anziano aveva scritto sulle pareti della sua cella varie frasi, pensieri di vario contenuto e parole mirabili e diverse su tutti i pensieri. E gli fu chiesto: "Cos’é questo, abba?". Rispose: "Sono i pensieri di giustizia che mi sono comunicati dall'angelo che è presso di me e dai retti moti della natura. Io li scrivo quando mi trovo in queste dimore, affinché, nel tempo della tenebra, io mi intrattenga con essi, e così mi salvino dall'errore".

6. L'attenzione alle piccole cose
Chi trascura le cose piccole, anche nelle grandi sarà un mentitore e un ingannatore.

Non rigettare le cose piccole, per non essere privato di quelle grandi. Non si è mai visto un infante che succhia il latte mettere carne nella sua bocca. Per mezzo delle cose piccole si apre la porta alle grandi.
Senza caricarsi del fardello delle cose piccole, non è possibile sfuggire ai grandi mali.
Con ciò con cui hai perso i beni, con quello stesso devi riacquistarli. Tu devi a Dio una monetina? Non accetterà da te una perla al suo posto.
Ciò che tu custodirai per Dio, Dio lo custodirà per la tua salvezza.
La vita nello Spirito richiede in primo luogo tempo e fedeltà. Se, infatti, non è possibile che uno impari le arti del mondo senza persistere per molto tempo nella fedeltà dei loro commerci - e solo allora il pensiero afferra l'oggetto e il modo della pratica dell'arte che ha deciso di imparare -, quanto più questo è valido per noi. Se un'arte visibile agli occhi richiede tanto tempo e fedeltà di impegno, quanto più l'arte dello Spirito, che l'occhio non vede, per la quale non si conosce ciò da cui la si può apprendere, e che necessita di una grande purezza! Il maestro in questo è lo Spirito, e l'arte è nascosta.

7. La stabilità e la perseveranza

Grande è la potenza di una condotta minima, quando questa è unita alla fedeltà. La soffice goccia, per la sua fedeltà, scava anche la dura roccia.
Ogni condotta che è senza stabilità e di poca durata, si trova ad essere anche senza frutti.

8. La veglia

Non pensare, o uomo, che tra tutte le fatiche degli asceti vi sia una pratica più grande e più preziosa della fatica della veglia.
Da' spazio alle fatiche della veglia e troverai che la consolazione è vicina, nella tua anima.
Appresta tutto, con ogni mezzo, affinché, tra l'ufficio della notte e quello del mattino, vi sia un tempo per quella meditazione che è utile alla tua crescita nella conoscenza divina, per tutti i tuoi giorni. Anche questo è importante nella pratica della veglia; non credere che la veglia consista solo nella ripetizione.

L'anima che si affatica nella condotta della veglia diventerà esperta, otterrà occhi di cherubino per la fi­nezza dello sguardo e l'acume.
Io prego te, che sei capace di discernimento e che desideri acquisire la vigilanza dell'Intelletto in Dio e la conoscenza della vita nuova, di non trascurare per tutta la tua vita la condotta della veglia; perché da essa i tuoi occhi saranno aperti per vedere l'intera gloria della condotta e la potenza della via della giustizia.
Tu manchi di discernimento se ... pensi che le veglie siano finalizzate alla fatica in se stessa e non a qualco­sa d'altro che da esse è generato.
Bilancia del sonno è chiaramente l'equilibrio del ventre.

9. Il digiuno

DISCEPOLO: Per colui che ha rigettato dalla sua anima tutti gli impedimenti ed è entrato nella casa della lotta, qual è l'inizio della sua battaglia contro il peccato? E da dove inizia lo scontro?
MAESTRO: E’ noto a chiunque che la fatica del digiuno precede qualsiasi lotta contro il peccato e i suoi desideri, soprattutto per colui che combatte il peccato che è dentro di sé. E il segno dell'odio per il peccato e i suoi desideri, in coloro che scendono in questo combattimento che è invisibile, è reso visibile dal fatto che iniziano con il digiuno, seguito dalla veglia notturna. Colui che per tutta la sua vita ama la consuetudine con il digiuno, è amico della castità.
Il digiuno è la dimora di tutte le virtù, e chi lo disprezza mette a repentaglio tutte le virtù. Infatti, il primo comandamento stabilito in principio per la nostra natura la diffidava dal gustare un cibo, e proprio in questo cadde il nostro antenato. Quindi gli atleti del timore di Dio, quando si accingono alla custodia delle sue leggi, iniziano la loro costruzione proprio da lì dove è venuto il primo danno.
Anche il Salvatore nostro, dopo la sua manifestazione al mondo presso il Giordano, iniziò di qui. E scritto infatti: "Dopo che fu battezzato, lo Spirito lo fece uscire nel deserto, e digiuno quaranta giorni e quaranta notti ­ e tutti coloro che seguono le sue orme, poggiano l'inizio della loro lotta su questo fondamento.

10. La castità
Ama la castità, per non essere confuso al momento della preghiera, davanti a chi ti muove battaglia.
Ogni piacere dello Spirito è preceduto dalle tribolazioni della croce, mentre il piacere del peccato è generato dal riposo del corpo. Per questa ragione, nel porto della castità c'è la contemplazione dello Spirito che risana l'Intelletto, ma è l'amore spirituale che ne è la causa. E poiché non si dà una realtà seconda senza la causa che la precede, né una terza virtù senza quelle che vengono prima di essa, tu troverai che è nel grembo della castità che spuntano le ali dell'Intelletto, per mezzo delle quali esso si leva verso l'amore divino; quell'amore nel quale si osa scrutare l'oscurità.
Fratello mio, lava le bellezze della tua castità con le lacrime e il digiuno, e abitando da solo con te stesso.

11. La cella e la solitudine

Dimora nella tua cella, e la cella ti insegnerà ogni cosa.
La cella del monaco, secondo la parola dei padri, è la cavità della roccia dove Dio parlò con Mosè.
Molte volte accade durante le ore del giorno che se anche a un fratello fosse dato il regno della terra, non si persuaderebbe in quell'ora a uscire dalla sua cella, neppure se qualcuno gli avesse bussato. E' il tempo improvviso del commercio. Quante volte queste cose vanno e vengono nei giorni che sembrano di rilassamento: improvvisamente la grazia visita quel fratello, per mezzo di lacrime senza misura, o per mezzo della forza di una passione che grida nel cuore, o per mezzo di una gioia senza ragione, o per mezzo della dolcezza che la prostrazione procura.
Conosco un fratello che aveva già messo la chiave nella porta della sua cella per chiudere e così uscire a pascere il vento, secondo la parola della Scrittura, quando lo ha visitato la grazia e subito è tornato indietro.
La solitudine ci rende partecipi della mente divina e, in poco tempo e senza ostacoli, ci avvicina alla limpidità del pensiero.
Dovunque tu sia, sii solitario nella tua intelligenza, e solo e straniero nel cuore, e non immischiato.
In qualsiasi luogo tu entri, per tutti i tuoi giorni, considerati uno straniero, per poter sfuggire ai grandi mali che nascono dalla familiarità.
12. La quiete
La quiete, come ha detto il beato Basilio - quella lampada che splende su tutta la terra -, è il principio della purificazione dell'anima. Quando, infatti, le membra esteriori si acquietano dal rumore esteriore, allora la mente ritorna dal suo vagare, nel suo luogo interiore, e il cuore si desta per ricercare i moti interiori dell'anima.
Quando i sensi sono circondati da una quiete che non ha confini, e i ricordi grazie al suo aiuto invecchiano, allora percepisci la natura dei pensieri dell'anima, di cosa sono fatti e di cos'è fatta la natura dell'anima, e percepisci quali tesori sono nascosti in essa.
L'anima del solitario è simile a una fonte d'acqua, secondo la similitudine impiegata anche dagli antichi padri. Infatti, ogni volta che si acquieta da tutti i moti dell'udito e della vista, il solitario vede, in modo luminoso, Dio e se stesso, e attinge dall'anima acque limpide e dolci, che sono i soavi pensieri della saldezza.
Quando invece si accosta a quei moti, a causa dell'intorbidamento che ne riceve, l'anima è resa simile a uno che cammina di notte, mentre l'aria è coperta dalle nubi e davanti a lui non è visibile né la strada né il sentiero, ed egli erra facilmente per luoghi deserti e pericolosi. Quando però si acquieta insieme alla sua anima, come uno su cui soffi un limpido vento e sulla cui testa l'aria sia chiara, comincia di nuovo a risplendere davanti a se stesso, vede ciò che lui è, discerne dove si trova e dove gli si chiede di andare, e vede di lontano la stanza della vita.

venerdì 25 ottobre 2013

Un esorcismo raccontato da Don Giuseppe Tomaselli

 
Purtroppo non solo tra i miscredenti, ma persino tra alcuni cattolici praticanti si è diffusa l'erronea opinione secondo cui il demonio non esiste o se esiste non è pericoloso. Ho tratto dal libretto "Satana nel mondo" scritto dal celebre esorcista Don Giuseppe Tomaselli, il racconto di un esorcismo effettuato dall'autore stesso, nella speranza che qualche miscredente possa ricredersi. La serietà dello scritto è comprovata dalla fama di santità di Don Giuseppe Tomaselli oltre che dall'approvazione ecclesiastica.

Visto per la Società Salesiana
Catania, 18 - 4 - 68
Sac. Calogero Conti

IMPRIMATUR
S. Lucia del Mela 13 - 5 - 68
+ Francesco Tortora
Vescovo-Prelato

 PRIMO INCONTRO

Un giorno, 18 maggio 1965, venne a trovarmi un uomo. Così mi parlò: - Sono stato indirizzato a lei dalle Suore di San Paolo della città. Sono molto sofferente. Sono stato in giro tanto tempo per avere sollievo; ma ormai sono stanco. Mi aiuti lei!

- Di che cosa si tratta?

- Ho disturbi diabolici. Prego, prego, prego sempre. L'unica mia forza è la preghiera.

- Che lavoro compie?

- Prima ero impiegato nell'Amministrazione Provinciale della mia città. A causa dei miei continui e forti disturbi, dovetti lasciare il lavoro.

- Vediamo se i suoi disturbi sono proprio diabolici, poichè potrebbero provenire dal sistema nervoso indebolito. Di salute come sta?

- Fisicamente sto bene. Sono stato da specialisti, ho avuto visite, mi hanno esaminato con i « Raggi X », mi hanno fatto analisi di tante specie ed è risultato sempre un organismo perfettamente sano.

- Quanti anni tiene?

- Trenta quattro.

- Ora dica: Come sono cominciati i suoi disturbi?

- Circa sette anni addietro all'improvviso cominciai a sentirmi male, in tutto il corpo, come oppresso da un peso. E poi ... dolore di viscere, dolore alle ossa, la gola serrata ... Mi abbattei e credevo di morire.

Dopo qualche tempo mi apparivano cose strane, ad esempio, un grosso serpente che mi attorcigliava e mi mordeva. Io tremante pregavo.

Spesso, di notte e di giorno, mi apparivano esseri mostruosi, in forma di demoni, e questo mi terrorizzava.

A letto talvolta sentivo tirarmi le coperte; nella mia camera apparivano luci e fiamme.

Per due anni non sapevo a chi confidare le mie pene. Pregavo e solo così avvertivo qualche sollievo. Quando mi decidevo a fare la Comunione, provavo un senso di disgusto; ma mi comunicavo lo stesso.

Siccome pregavo molto, durante la preghiera udivo vicino a me uno che bestemmiava contro Gesù Cristo e contro i Santi. Subito guardavo attorno e non vedevo alcuno.

Mi piacevano le letture sante. Comprai la Bibbia ed altri libri religiosi; ma il demonio, assalendomi, me li faceva strappare.

Poichè i disturbi non cessavano, ed anzi aumentavano, decisi farmi esorcizzare per cacciare il demonio.

Andai in diverse città d'Italia, anche in Francia, a Chalon ed a Lione, per farmi liberare da Sacerdoti capaci. Mi recai anche da Padre Pio, il quale mi disse: Io ti benedico e speriamo che durante il viaggio di ritorno a casa il demonio ti lasci per sempre. -

Invece tutto è continuato come prima. Spesso i demoni, in grandi schiere, mi circondano e mi fanno soffrire.

Avrei tante altre cose da dire, ma ne faccio a meno.

Mentre avveniva il primo incontro di quest'uomo con me, nel mio ufficio venne un Vescovo. Approfittai dell'occasione.

- Eccellenza, quest'uomo è indemoniato. Vorrebbe essere liberato; prega molto e spera.

- Ma è proprio indemoniato? - soggiunse il Vescovo.

- Eccellenza, ecco una prova! L'indemoniato davanti ad un oggetto sacro reagisce subito e questo è uno dei tanti segni dell'ossessione. Voglia osservare! - Appena l'uomo vide il Crocifisso che io tenevo in mano, il demonio si manifestò. L'ossesso indietreggiò, alterò la voce, il suo volto si fece strano e giù bestemmie contro Dio e la Madonna. Poi inveì contro il Vescovo con parole e con gesti triviali, quantunque Sua Eccellenza fosse un Pastore esemplare.
Impallidì il Vescovo e disse:

Tu, o demonio, sarai vinto dalla Madonna. Ti mostri forte con noi, ma la Madonna è più forte di te.

Dopo questa battuta il Vescovo disse a me e ad altri tre presenti: Veramente qui c'è il demonio! -

Allora tracciai un segno di Croce sulla fronte dell'ossesso ed all'istante fu lasciato libero; infatti ritornò normale, risollevato e baciò il Crocifisso con devozione.

Vista la situazione, dissi all'uomo: Lei ha bisogno degli Esorcismi solenni. Per riuscire nell'impresa, che non è facile, occorre tempo. Date le mie occupazioni, non intendo mettermi a fare gli Esorcismi. Si rivolga ad altro Sacerdote, che possa mettersi a sua disposizione. -

L'indemoniato dopo qualche tempo partì dalla mia città e ritornò al luogo natìo.

SECONDO INCONTRO

Trascorsero due anni.

Una domenica, mentre rincasavo sul mezzogiorno, un tale si avvicinò e mi baciò la mano. Era l'indemoniato. Gli dissi:

- E lei è in questa città?

- Siccome nella mia città sono conosciuto e sento vergogna, preferisco stare qui.

- Ed ora cosa fa?

- Cammino. Devo camminare per almeno cinque ore, anche sotto la pioggia e con il freddo. Il demonio che ho addosso vuole così.

- Ma ancora non si è liberato? - E chi mi libera? -

Ne ebbi compassione. - Beh, soggiunsi, per questa volta mi metterò io. Venga a trovarmi e così si daranno le botte al demonio. Intanto preghi!

- E si che prego! Prego continuamente, con la bocca o con la mente, per sei o sette ore al giorno, invocando il Sangue di Gesù Cristo! Povero me se non pregassi! Ripeto spesso: Satana, ti sgridi Dio! ... Il Sangue di Gesù Cristo ti abbatta! ... - E mi comunico ogni giorno.

- Dunque si faccia coraggio! Domani l'attenderò.

Vengono a trovarmi tanti. Mentre mi disponevo a fare le forti preghiere per l'indemoniato, giunsero alcune donne ed alcuni uomini, persone già messe a conoscenza del fatto.

Domandai all'indemoniato, che era piuttosto sereno: Lei permette che assistano costoro?

- Niente di male; purché non ci sia qualche fotografo.

- Stia tranquillo! Frattanto si disponga. Mentre lotterò con il demonio, lei preghi nella mente. -

Erano presenti un gruppetto di pie donne, un dottore, tre professori, due sottufficiali di Questura, alcuni padri di famiglia e qualche giovanotto.

Prima d'iniziare dissi:

Se qualcuno ha paura di assistere all'esorcismo, si allontani. Raccomando ciò specialmente alle donne. - Si allontanò solo una madre di famiglia.

Continuai: Non fatevi meraviglia se quest'uomo bestemmierà o dirà parolacce; non sarà lui, ma lo spirito maligno. Ed ora mettetevi in ginocchio. Recitiamo tutti l'atto di dolore. Umiliamoci profondamente davanti a Dio!

Mentre ci si disponeva a questo, il demonio cominciò a tormentare l'uomo. Subito iniziai la preghiera, dicendo solo nella mia mente:

« Signore, sono nulla al tuo cospetto e molto debole davanti alle potenze infernali. Per la dignità sacerdotale, di cui mi hai rivestito per la tua misericordia, per le preghiere dei presenti e per la tua vittoria su Satana, fa' che io possa dominare il maligno spirito e permetti che egli dica qualche cosa, che un giorno possa giovare alle anime ».

Quantunque avessi pregato mentalmente, il demonio conobbe il mio pensiero e frattanto mi guardava con occhi biechi.

L'ossesso improvvisamente contorse il collo a più riprese, agitava spasimante ora le braccia ed ora le gambe e bestemmiava contro il Signore e la Madonna.

Toccai con il dito le sue labbra e subito tacque.

Tenendo poi la mia mano sopra il suo capo, in segno di dominio come Ministro del Signore, gli dissi:

- Se Dio te lo permette, dimmi il tuo nome!

- Sono il principe degli angeli ribelli, Lucifero! -
Udito ciò, dissi ai presenti: Invochiamo allora l'Arcangelo San Michele, il vincitore di Satana.

- Michele, esclamò l'ossesso, ... lo conosco! ... Abbiamo lottato assieme e poi mi ha precipitato ed incatenato negli abissi infernali! -

Tre volte invocammo San Michele e ad ogni invocazione Satana fremeva sempre di più, tormentando il paziente.

Continuai: Che peccato hai fatto in Cielo?

- Tu lo sai! ... Mi ribellai a Dio... Del resto, leggi la Scrittura.

- Che Dio ti maledica, o Satana!

- Ma io sono già maledetto!

- Nel nome di Dio, ti comando di rispondere: Come mai tu, che in qualità di capo mandi in giro i demoni e ti servi di loro, questa volta sei venuto in costui tu personalmente?

- Non riescono, perchè lui prega troppo. Ma ora devo lasciarlo e ritornare nel pozzo infernale. Là aspetto voi! Ma quest'uomo andrà altrove. Vi aspetto con me nel fuoco! - Ed alterando la voce da far paura, soggiunse: Ma ... fuoco fuoco!

- Che differenza c'è tra il fuoco della terra e quello dell'inferno?

- Quello della terra è materiale; quello dell'inferno è di potenza divina. - Se si proponesse a te: Se farai la tale o tal'altra cosa, tu uscirai dall'inferno! - cosa saresti disposto a fare?

- Ipotesi inutile! La mia condanna è eterna.

- Nel nome di Dio, rispondi ancora! Le anime che stanno nell'inferno, per quali peccati vi sono cadute?

- Tu lo sai.

- Lo so; è per la disonestà. Ma in modo particolare?

- Per adulterio, per omicidio, per ateismo.

- Se Dio ti permette di parlare, rispondi su questo: Quando tu vai in giro per il mondo, cosa fai?

- Tento; lavoro nella mente umana. Spingo alla bestemmia, all'omicidio, all'odio, al furto, all'impurità e ad altri peccati. Rovino più anime che posso. Ma devo anche dire che in questo mio lavoro talvolta sono percosso dal Creatore e daglí Angeli. -

Pensando che le dichiarazioni di Satana, un giorno pubblicate, avrebbero potuto essere utili alle anime, continuai ad interrogarlo. Certamente il maligno rispondeva perché era obbligato a farlo.

- Che lavoro fai con quelli che si confessano?

- Dopo averli spinti al peccato, li accompagno sino al confessionale; li tento affinchè dicano bugie al Confessore. Però i buoni non mi danno ascolto.
- Presso i moribondi cosa fai?

- Sino all'ultimo dò l'assalto, nella speranza di vincere.

- Se venissero nel mondo coloro che sono nell'inferno, cosa direbbero ai viventi? -

A questo non rispose.

Credo che la risposta sia quella data da Gesù Cristo nella parabola del ricco Epulone: Se non ascoltano Mosè ed i Profeti, non crederanno nemmeno se uno risuscitasse dai morti. - (S. Luca - XVI - 31).

Il che significa: Se certi dannati si presentassero nel mondo e parlassero dell'inferno, i cattivi li piglierebbero per pazzi e non crederebbero lo stesso.

Frattanto tutti i presenti guardavano l'indemoniato. I loro volti erano pallidi e gli occhi sbarrati, meravigliati di ciò che vedevano ed udivano. Osservai che i più impressionati erano gli uomini. Esortai tutti ad intensificare la preghiera. Satana inferocì; faceva segni poco educati, gridando: Miserabili, non pregate! ... Bestemmiate! ... Andate piuttosto a divertirvi al cinema!... -

La rabbia satanica si riversò sull'ossesso. Questi provava forti attacchi dolorosi, ora al cuore, ora alla testa ed ora ad altre membra; compresi ciò perchè egli spasimante portava la mano sulle varie parti del corpo, indicando ove soffriva di più.

Appena poggiavo la mano sacerdotale sulla parte sofferente, all'istante cessava lo spasimo locale. Satana era sotto il dominio della potestà del Sacerdote.

Intanto facevo internamente atti di umiltà. Guai a me ed all'ossesso se io avessi fatto qualche atto di superbia! Avrei rese nulle le fatiche dell'esorcismo. Il maligno tentò assaltarmi dicendomi parole di lode. Per grazia di Dio compresi e respinsi l'assalto.

Vedendosi alle strette, il brutto spirito esclamò:

- Maledetto il momento in cui quest'uomo s'incontrò con te! ... Ti piglierei a schiaffi, come ho fatto con altri; ma non posso farlo! ... E voi, donnacce, che pregate, sappiate che io potrei torcervi il collo a tutte; ma non mi è permesso farlo! Voi pregate e con voi c'è la potenza divina!... Posso vendicarmi soltanto sopra questo uomo. Come tormentai Giobbe nel corpo, così tormento questo miserabile! Non posso toccare l'anima sua, ma il corpo sì; ed allora lo faccio soffrire, portandolo in giro sotto la pioggia, e lo spavento con orribili visioni! -

E qui bestemmie! Gli toccai le labbra e tacque.

- Se è volontà di Dio ed Egli te lo permette, rispondimi:

- Sei solo in quest'uomo?

- Con me ci sono tanti altri. Ho a disposizione una legione di combattenti, demoni a me soggetti. Andiamo in giro per la terra. Conosco tutti e conosco tutte le lingue ed i dialetti. Potrei parlare in tedesco, francese, inglese, spagnolo, portoghese ...

A queste parole pensai:

Se gli permetto di parlare in lingua estera, forse Dio non sarà contento, quasi io volessi appagare la mia curiosità, e tanto più che tra le norme degli Esorcisti c'è anche questa: Non si facciano domande di curiosità - Inoltre pensai: Questa potrebbe essere un'insidia diabolica, perchè, ascoltando lui con interesse, smetteremmo tutti di pregare. Per tal motivo non gli permisi di parlare.
Proseguii nelle mie domande:

- Quali luoghi della terra tu preferisci?

- Certamente gli abitati, perché là trovo le anime.

- Se hai altro da dire e Dio te lo permette, parla!

- Ho da dire questo: Devo lasciare quest'uomo e ritornare nel pozzo eterno, ove Michele mi ha incatenato.

- Vedi come Gesù trionfa sopra di te!

- Il Cristo morendo in Croce mi ha schiacciato!

- Anche Maria Santissima ti ha schiacciato il capo!

- Ah, questa Donna! ... Non dirò mai il nome di questa tale! -

I presenti ripetevano a coro: Viva Maria! ... Viva Maria! ... -

La faccia dell'uomo divenne così brutta, come mai l'avevo vista; dicevo tra me: Sembra proprio la faccia del diavolo!

- Ed ora, esclamai, va' via Satana! La Madonna deve cacciarti! -

Allora feci nella mia mente la seguente preghiera, invitando i presenti ad unirsi alla mia supplica:

« O Dio, per la bontà che hai avuta nel dare all'umanità la Vergine Santissima per Madre, per il suo Immacolato Concepimento, per la sua dignità di Madre di Dio, per la sua Assunzione al Cielo, per la sua potenza quale Regina degli Angeli e dei Santi, ti prego, libera quest'uomo! »

Sull'istante l'uomo esclamò: « Viva Maria! » -

Si alzò da sedere tranquillo e sorridente, dicendo: Sento di essere leggero! ... Sono a digiuno, ma ho tanta gioia da non sentire voglia di mangiare!
CHIARIFICAZIONI

- Ed ora, gli chiesi, mi chiarisca qualche cosa. Durante il colloquio che ho tenuto con Satana, lei cosa faceva?

- Pregavo nella mia mente, invocando il Sangue di Gesù Cristo.

- Vedeva me e queste persone presenti?

- Non vedevo nessuno di voi. Vedevo qui, alla mia sinistra, staccati da voi, centinaia e centinaia di demoni, brutti brutti. Davanti a me, qui, c'era Satana, grande, con le ali come un pipistrello; l'ho visto anche in forma di dragone, cioè, di grossissimo serpente, disteso qui, con la bocca orribile e talvolta mi mordeva.

- Ha sentito me, mentre parlavo con Lucifero?

- Ho sentito nulla.

- Eppure c'è stato un dibattito interessante!

- Ma io non so cosa abbia detto. - Le spiego il fenomeno. In questa lotta con Satana lei era libero nella sua mente e poteva pregare. Il suo corpo invece era in potere di Satana, il quale si serviva della sua bocca per rispondere. Non era quindi lei che ragionava e parlava, ma era Lucifero in persona. Ormai che lei si è liberato, dopo quanto le è avvenuto, cosa potrebbe dire agli altri? - Voglio esortare tutti ad invocare spesso il Sangue di Gesù Cristo, affinchè questo Divin Sangue purifichi l'anima nostra e ci liberi da ogni astuzia del demonio. Io ne ho provato la grande efficacia. Sono in pace con il Signore; lo prego e lo amo con tutto il cuore e spero essere fedele a Lui con grande riconoscenza per la liberazione ricevuta. -

C'è da ringraziare il Signore e la Madonna del buon esito dell'esorcismo.

COMMENTI

Naturalmente, tutto finito, i presenti all'esorcismo fecero i commenti.

Diceva un professore: Avrebbero dovuto essere presenti a quanto è avvenuto ora certi professori atei! -

Un altro disse: Ma il demonio, che è intelligente, sapendo che quello che dice giova alle anime, perché l'ha detto?

- L'ha detto perché è stato costretto dalla volontà divina. - 


Da: http://libritomaselli.altervista.org/esorcismo.html

sabato 12 ottobre 2013

5° tappa: il digiuno.

 
 
Il digiuno nella vita della Chiesa
 
di don Gabriele Mangiarotti


Perché il digiuno?
 
A questa domanda bisogna dare una risposta più ampia e profonda, perché diventi chiaro il rapporto tra il digiuno e la "metanoia", cioè quella trasformazione spirituale, che avvicina l'uomo a Dio. Cercheremo quindi di concentrarci non soltanto sulla pratica dell'astensione dal cibo o dalle bevande - ciò infatti significa "il digiuno" nel senso comune - ma sul significato più profondo di questa pratica che, del resto, può e deve alle volte essere "sostituita" da qualche altra. Il cibo e le bevande sono indispensabili all'uomo per vivere, egli se ne serve e deve servirsene, tuttavia non gli è lecito abusarne sotto qualsiasi forma. La tradizionale astensione dal cibo e dalle bevande ha come fine di introdurre nell'esistenza dell'uomo non soltanto l'equilibrio necessario, ma anche il distacco da quello che si potrebbe definire "atteggiamento consumistico". Tale atteggiamento è divenuto nei nostri tempi una delle caratteristiche della civiltà e in particolare della civiltà occidentale. L'atteggiamento consumistico! L'uomo orientato verso i beni materiali, molteplici beni materiali, molto spesso ne abusa. Non si tratta qui unicamente del cibo e delle bevande. Quando l'uomo è orientato esclusivamente verso il possesso e l'uso di beni materiali, cioè delle cose, allora anche tutta la civiltà viene misurata secondo la quantità e la qualità delle cose che è in grado di fornire all'uomo, e non si misura con il metro adeguato all'uomo. Questa civilizzazione infatti fornisce i beni materiali non soltanto perché servano all'uomo a svolgere le attività creative e utili, ma sempre di più... per soddisfare i sensi, l'eccitazione che ne deriva, il piacere momentaneo, una sempre maggiore molteplicità di sensazioni.
Alle volte si sente dire che l'incremento eccessivo dei mezzi audio-visivi nei paesi ricchi non sempre giova allo sviluppo dell'intelligenza, particolarmente nei bambini; al contrario, talvolta contribuisce a frenarne lo sviluppo. Il bambino vive solo di sensazioni, cerca delle sensazioni sempre nuove... E diventa così, senza rendersene conto, schiavo di questa passione odierna. Saziandosi di sensazioni, rimane spesso intellettualmente passivo; l'intelletto non si apre alla ricerca della verità; la volontà resta vincolata dall'abitudine, alla quale non sa opporsi.
Da ciò risulta che l'uomo contemporaneo deve digiunare, cioè asternersi non soltanto dal cibo o dalle bevande, ma da molti altri mezzi di consumo, di stimolazione, di soddisfazione dei sensi. Digiunare significa astenersi, rinunciare a qualcosa.
 
Perché rinunciare a qualcosa? Perché privarsene? 
                     
Abbiamo già in parte risposto a questo quesito. Tuttavia la risposta non sarà completa, se non ci rendiamo conto che l'uomo è se stesso anche perché riesce a privarsi di qualcosa, perché è capace di dire a se stesso: "no". L'uomo è un essere composto di corpo e di anima. Alcuni scrittori contemporanei presentano questa struttura composta dell'uomo sotto la forma di strati e parlano, ad esempio, di strati esteriori in superficie della nostra personalità, contrapponendoli agli strati in profondità. La nostra vita sembra esser divisa in tali strati e si svolge attraverso di essi. Mentre gli strati superficiali sono legati alla nostra sensualità, gli strati profondi sono espressione invece della spiritualità dell'uomo, cioè: della volontà cosciente, della riflessione, della coscienza, della capacità di vivere i valori superiori.
Questa immagine della struttura della personalità umana può servire a comprendere il significato del digiuno per l'uomo. Non si tratta qui solamente del significato religioso, ma di un significato che si esprime attraverso la cosiddetta "organizzazione" dell'uomo come soggetto-persona. L'uomo si sviluppa regolarmente, quando gli strati più profondi della sua personalità trovano una sufficiente espressione, quando l'ambito dei suoi interessi e delle sue aspirazioni non si limita soltanto agli strati esteriori e superficiali, connessi con la sensualità umana. Per agevolare un tale sviluppo, dobbiamo alle volte consapevolmente distaccarci da ciò che serve a soddisfare la sensualità, vale a dire, da quegli strati esteriori superficiali. Quindi dobbiamo rinunciare a tutto ciò che li "alimenta".
Ecco, in breve, l'interpretazione del digiuno al giorno d'oggi.
La rinuncia alle sensazioni, agli stimoli, ai piaceri e anche al cibo o alle bevande, non è fine a se stessa. Essa deve soltanto, per così dire, spianare la strada per contenuti più profondi, di cui "si alimenta" l'uomo interiore. Tale rinuncia, tale mortificazione deve servire a creare nell'uomo le condizioni per poter vivere i valori superiori, di cui egli è, a suo modo, "affamato".
Ecco, il "pieno" significato del digiuno nel linguaggio di oggi. Tuttavia, quando leggiamo gli autori cristiani dell'antichità o i Padri della Chiesa, troviamo in loro la stessa verità, spesso espressa con linguaggio così "attuale" che ci sorprende. Dice, per esempio, san Pietro Crisologo: "Il digiuno è pace del corpo, forza delle menti, vigore delle anime" ("Sermo" VII: "De Jejunio", 3), e ancora: "Il digiuno è il timone della vita umana e regge l'intera nave del nostro corpo".
E sant'Ambrogio risponde così alle eventuali obiezioni contro il digiuno: "La carne, per la sua condizione mortale, ha alcune sue concupiscenze proprie: nei loro confronti ti è stato concesso il diritto di freno. La tua carne è sotto di te: non seguire le sollecitazioni della carne fino alle cose illecite, ma frenale alquanto anche per quanto riguarda quelle lecite. Infatti, chi non si astiene da nessuna delle cose lecite, è prossimo pure a quelle illecite" (S. Ambrogio, "Sermo de utilitate jejunii", III. V. VII). Anche scrittori non appartenenti al cristianesimo dichiarano la stessa verità. Questa verità è di portata universale. Fa parte della saggezza universale della vita.

E' ora certamente più facile per noi comprendere il perché Cristo Signore e la Chiesa uniscano il richiamo al digiuno con la penitenza, cioè con la conversione. Per convertirci a Dio, è necessario scoprire in noi stessi quello che ci rende sensibili a quanto appartiene a Dio, dunque: i contenuti spirituali, i valori superiori, che parlano al nostro intelletto, alla nostra coscienza, al nostro "cuore" (secondo il linguaggio biblico). Per aprirsi a questi contenuti spirituali, a questi valori, bisogna distaccarsi da quanto serve soltanto al consumismo, alla soddisfazione dei sensi. Nell'apertura della nostra personalità umana a Dio, il digiuno - inteso sia nel modo "tradizionale" che "attuale" - deve andare di pari passo con la preghiera perché essa ci dirige direttamente verso lui.
D'altronde il digiuno, cioè la mortificazione dei sensi, il dominio del corpo, conferiscono alla preghiera una maggiore efficacia, che l'uomo scopre in se stesso. Scopre infatti che è "diverso", che è più "padrone di se stesso", che è divenuto interiormente libero. E se ne rende conto in quanto la conversione e l'incontro con Dio, attraverso la preghiera, fruttificano in lui.

venerdì 6 settembre 2013

4° tappa: Il Combattimento della preghiera.

Sentiamo cosa dice il nostro Catechismo della Chiesa Cattolica



IL COMBATTIMENTO DELLA PREGHIERA
 
2725 La preghiera è un dono della grazia e da parte nostra una decisa risposta. Presuppone sempre uno sforzo. I grandi oranti dell'Antica Alleanza prima di Cristo, come pure la Madre di Dio e i santi con lui ce lo insegnano: la preghiera è una lotta. Contro chi? Contro noi stessi e contro le astuzie del tentatore che fa di tutto per distogliere l'uomo dalla preghiera, dall'unione con il suo Dio. Si prega come si vive, perché si vive come si prega. Se non si vuole abitualmente agire secondo lo Spirito di Cristo, non si può nemmeno abitualmente pregare nel suo nome. Il « combattimento spirituale » della vita nuova del cristiano è inseparabile dal combattimento della preghiera.
I. Le obiezioni alla preghiera
2726 Nel combattimento della preghiera dobbiamo opporci, in noi stessi e intorno a noi, ad alcune concezioni erronee della preghiera. Alcuni vedono in essa una semplice operazione psicologica, altri uno sforzo di concentrazione per arrivare al vuoto mentale. C'è chi la riduce ad alcune attitudini e parole rituali. Nell'inconscio di molti cristiani, pregare è un'occupazione incompatibile con tutto ciò che hanno da fare: non ne hanno il tempo. Coloro che cercano Dio mediante la preghiera si scoraggiano presto allorquando ignorano che la preghiera viene anche dallo Spirito Santo e non solo da loro.
2727 Dobbiamo anche opporci ad alcune mentalità di « questo mondo »; se non siamo vigilanti, ci contaminano, per esempio: l'affermazione secondo cui vero sarebbe soltanto ciò che è verificato dalla ragione e dalla scienza (pregare è, invece, un mistero che oltrepassa la nostra coscienza e il nostro inconscio); i valori della produzione e del rendimento (la preghiera, improduttiva, è dunque inutile); il sensualismo e le comodità, eretti a criteri del vero, del bene e del bello (la preghiera, invece, « amore della Bellezza » [N48@i"8\"], è passione per la gloria del Dio vivo e vero); per reazione contro l'attivismo, ecco la preghiera presentata come fuga dal mondo (la preghiera cristiana, invece, non è un estraniarsi dalla storia né un divorzio dalla vita).
2728 Infine la nostra lotta deve affrontare ciò che sentiamo come nostri insuccessi nella preghiera: scoraggiamento dinanzi alle nostre aridità, tristezza di non dare tutto al Signore, poiché abbiamo « molti beni », 194 delusione per non essere esauditi secondo la nostra volontà, ferita al nostro orgoglio che si ostina sulla nostra indegnità di peccatori, allergia alla gratuità della preghiera, ecc. La conclusione è sempre la stessa: perché pregare? Per vincere tali ostacoli, si deve combattere in vista di ottenere l'umiltà, la fiducia e la perseveranza.
II. L'umile vigilanza del cuore
Di fronte alle difficoltà della preghiera
2729 La difficoltà abituale della nostra preghiera è la distrazione. Può essere relativa alle parole e al loro senso, nella preghiera vocale; può invece riguardare, più profondamente, colui che preghiamo, nella preghiera vocale (liturgica o personale), nella meditazione e nella preghiera contemplativa. Andare a caccia delle distrazioni equivarrebbe a cadere nel loro tranello, mentre basta tornare al nostro cuore: una distrazione ci rivela ciò a cui siamo attaccati, e questa umile presa di coscienza davanti al Signore deve risvegliare il nostro amore preferenziale per lui, offrendogli risolutamente il nostro cuore, perché lo purifichi. Qui si situa il combattimento: nella scelta del Padrone da servire. 195
2730 Positivamente, la lotta contro il nostro io possessivo e dominatore è la vigilanza, la sobrietà del cuore. Quando Gesù insiste sulla vigilanza, essa è sempre relativa a lui, alla sua venuta nell'ultimo giorno ed ogni giorno: « Oggi ». Lo Sposo viene a mezzanotte; la luce che non deve spegnersi è quella della fede: « Di te ha detto il mio cuore: "Cercate il suo volto" » (Sal 27,8).
2731 Un'altra difficoltà, specialmente per coloro che vogliono sinceramente pregare, è l'aridità. Fa parte dell'orazione nella quale il cuore è insensibile, senza gusto per i pensieri, i ricordi e i sentimenti anche spirituali. È il momento della fede pura, che rimane con Gesù nell'agonia e nella tomba. « Il chicco di grano, [...] se muore, produce molto frutto » (Gv 12,24). Se l'aridità è dovuta alla mancanza di radice, perché la parola è caduta sulla pietra, il combattimento rientra nel campo della conversione. 196
Di fronte alle tentazioni nella preghiera
2732 La tentazione più frequente, la più nascosta, è la nostra mancanza di fede. Si manifesta non tanto in una incredulità dichiarata, quanto piuttosto in una preferenza di fatto. Quando ci mettiamo a pregare, mille lavori o preoccupazioni, ritenuti urgenti, si presentano come prioritari; ancora una volta è il momento della verità del cuore e del suo amore preferenziale. Talvolta ci rivolgiamo al Signore come all'ultimo rifugio: ma ci crediamo veramente? Talvolta prendiamo il Signore come alleato, ma il cuore è ancora nella presunzione. In tutti i casi, la nostra mancanza di fede palesa che non siamo ancora nella disposizione del cuore umile: « Senza di me non potete far nulla » (Gv 15,5).
2733 Un'altra tentazione, alla quale la presunzione apre la porta, è l'accidia. Con questo termine i Padri della vita spirituale intendono una forma di depressione dovuta al rilassamento dell'ascesi, ad un venire meno della vigilanza, alla mancata custodia del cuore. « Lo spirito è pronto, ma la carne è debole » (Mt 26,41). Quanto più si cade dall'alto, tanto più ci si fa male. Lo scoraggiamento, doloroso, è l'opposto della presunzione. L'umile non si stupisce della propria miseria; essa lo conduce ad una maggior fiducia, a rimanere saldo nella costanza.
III. La confidenza filiale
2734 La fiducia filiale è messa alla prova – e si manifesta – nella tribolazione. 197 La difficoltà principale riguarda la preghiera di domanda, nell'intercessione per sé o per gli altri. Alcuni smettono perfino di pregare perché, pensano, la loro supplica non è esaudita. Qui si pongono due interrogativi: Perché riteniamo che la nostra domanda non sia stata esaudita? In che modo la nostra preghiera è esaudita, è « efficace »?
Perché lamentarci di non essere esauditi?
2735 Una constatazione dovrebbe innanzi tutto sorprenderci. Quando lodiamo Dio o gli rendiamo grazie per i suoi benefici in generale, noi non ci preoccupiamo affatto di sapere se la nostra preghiera gli è gradita. Invece abbiamo la pretesa di vedere il risultato della nostra domanda. Qual è, dunque, l'immagine di Dio che motiva la nostra preghiera: un mezzo di cui servirci oppure il Padre del Signore nostro Gesù Cristo?
2736 Siamo convinti che « nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare » (Rm 8,26)? Chiediamo a Dio « i beni convenienti »? Il Padre nostro sa di quali cose abbiamo bisogno, prima che gliele chiediamo, 198 ma aspetta la nostra domanda perché la dignità dei suoi figli sta nella loro libertà. Pertanto è necessario pregare con il suo Spirito di libertà, per poter veramente conoscere il suo desiderio. 199
2737 « Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri » (Gc 4,2-3). 200 Se noi chiediamo con un cuore diviso, « adultero », 201 Dio non ci può esaudire, perché egli vuole il nostro bene, la nostra vita. « O forse pensate che la Scrittura dichiari invano: "Fino alla gelosia ci ama lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi"? » (Gc 4,5). Il nostro Dio è « geloso » di noi, e questo è il segno della verità del suo amore. Entriamo nel desiderio del suo Spirito e saremo esauditi:
« Non rammaricarti se non ricevi subito da Dio ciò che gli chiedi; egli vuole beneficarti molto di più, per la tua perseveranza nel rimanere con lui nella preghiera ». 202
Egli vuole « che nella preghiera si eserciti il nostro desiderio, in modo che diventiamo capaci di ricevere ciò che egli è pronto a darci ». 203
In che modo la nostra preghiera è efficace?
2738 La rivelazione della preghiera nell'Economia della salvezza ci insegna che la fede si appoggia sull'azione di Dio nella storia. La fiducia filiale è suscitata dall'azione di Dio per eccellenza: la passione e la risurrezione del Figlio suo. La preghiera cristiana è cooperazione alla provvidenza di Dio, al suo disegno di amore per gli uomini.
2739 In san Paolo questa fiducia è audace, 204 fondata sulla preghiera dello Spirito in noi e sull'amore fedele del Padre che ci ha donato il suo unico Figlio. 205 La trasformazione del cuore che prega è la prima risposta alla nostra domanda.
2740 La preghiera di Gesù fa della preghiera cristiana una domanda efficace. Egli ne è il modello, egli prega in noi e con noi. Poiché il cuore del Figlio non cerca se non ciò che piace al Padre, come il cuore dei figli di adozione potrebbe attaccarsi ai doni piuttosto che al Donatore?
2741 Gesù prega anche per noi, al nostro posto e in nostro favore. Tutte le nostre domande sono state raccolte una volta per sempre nel suo grido sulla croce ed esaudite dal Padre nella sua risurrezione, ed è per questo che egli non cessa di intercedere per noi presso il Padre. 206 Se la nostra preghiera è risolutamente unita a quella di Gesù, nella fiducia e nell'audacia filiale, noi otteniamo tutto ciò che chiediamo nel suo nome; ben più di questa o quella cosa: lo stesso Spirito Santo, che comprende tutti i doni.
IV. Perseverare nell'amore
2742 « Pregate incessantemente » (1 Ts 5,17), « rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre nel nome del Signore nostro Gesù Cristo » (Ef 5,20); « pregate incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi » (Ef 6,18). « Non ci è stato comandato di lavorare, di vegliare e di digiunare continuamente, mentre la preghiera incessante è una legge per noi ». 207 Questo ardore instancabile non può venire che dall'amore. Contro la nostra pesantezza e la nostra pigrizia il combattimento della preghiera è il combattimento dell'amore umile, confidente, perseverante. Questo amore apre i nostri cuori su tre evidenze di fede, luminose e vivificanti.
2743 Pregare è sempre possibile: il tempo del cristiano è il tempo di Cristo risorto, che è con noi « tutti i giorni » (Mt 28,20), quali che siano le tempeste. 208 Il nostro tempo è nelle mani di Dio:
« È possibile, anche al mercato o durante una passeggiata solitaria, fare una frequente e fervorosa preghiera. È possibile pure nel vostro negozio, sia mentre comperate sia mentre vendete, o anche mentre cucinate ». 209
2744 Pregare è una necessità vitale. La prova contraria non è meno convincente: se non ci lasciamo guidare dallo Spirito, ricadiamo sotto la schiavitù del peccato. 210 Come può lo Spirito Santo essere la « nostra vita », se il nostro cuore è lontano da lui?
« Niente vale quanto la preghiera; essa rende possibile ciò che è impossibile, facile ciò che è difficile. [...] È impossibile che cada in peccato l'uomo che prega ». 211
« Chi prega, certamente si salva; chi non prega certamente si danna ». 212
2745 Preghiera e vita cristiana sono inseparabili, perché si tratta del medesimo amore e della medesima abnegazione che scaturisce dall'amore. La medesima conformità filiale e piena d'amore al disegno d'amore del Padre. La medesima unione trasformante nello Spirito Santo, che sempre più ci configura a Cristo Gesù. Il medesimo amore per tutti gli uomini, quell'amore con cui Gesù ci ha amati. « Tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome ve lo concederà. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri » (Gv 15,16-17).
« Prega incessantemente colui che unisce la preghiera alle opere e le opere alla preghiera. Soltanto così possiamo ritenere realizzabile il principio di pregare incessantemente ». 213
V. La preghiera dell'Ora di Gesù
2746 Quando la sua Ora è giunta, Gesù prega il Padre. 214 La sua preghiera, la più lunga trasmessaci dal Vangelo, abbraccia tutta l'Economia della creazione e della salvezza, come anche la sua morte e la sua risurrezione. La preghiera dell'Ora di Gesù rimane sempre la sua preghiera, così come la sua pasqua, avvenuta « una volta per tutte », resta presente nella liturgia della sua Chiesa.
2747 La tradizione cristiana a ragione la definisce la « preghiera sacerdotale » di Gesù. È quella del nostro Sommo Sacerdote, è inseparabile dal suo sacrificio, dal suo passaggio (« pasqua ») al Padre, dove egli è interamente « consacrato » al Padre. 215
2748 In questa preghiera pasquale, sacrificale, tutto è « ricapitolato » in lui: 216 Dio e il mondo, il Verbo e la carne, la vita eterna e il tempo, l'amore che si consegna e il peccato che lo tradisce, i discepoli presenti e quelli che per la loro parola crederanno in lui, l'annientamento e la gloria. È la preghiera dell'Unità.
2749 Gesù ha portato a pieno compimento l'opera del Padre, e la sua preghiera, come il suo sacrificio, si estende fino alla consumazione dei tempi. La preghiera dell'Ora riempie gli ultimi tempi e li porta verso la loro consumazione. Gesù, il Figlio al quale il Padre ha dato tutto, si consegna interamente al Padre, e, al tempo stesso, si esprime con una libertà sovrana 217 per il potere che il Padre gli ha dato sopra ogni essere umano. Il Figlio, che si è fatto Servo, è il Signore, il il Pantocratore. Il nostro Sommo Sacerdote che prega per noi è anche colui che prega in noi e il Dio che ci esaudisce.
2750 È entrando nel santo nome del Signore Gesù che noi possiamo accogliere, dall'interno, la preghiera che egli ci insegna: « Padre nostro! ». La sua « preghiera sacerdotale » ispira, dall'interno, le grandi domande del « Pater »: la sollecitudine per il nome del Padre, 218 la passione per il suo Regno (la gloria 219), il compimento della volontà del Padre, del suo disegno di salvezza 220 e la liberazione dal male. 221
2751 Infine è in questa preghiera che Gesù ci rivela e ci dona la « conoscenza » indissociabile del Padre e del Figlio, 222 che è il mistero stesso della vita di preghiera.